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Seduta di Sacred Alchemy di gruppo di ottobre

interamente a distanza

LA TEMATICA DI OTTOBRE:

🌟 IMPEDIRCI DI RICEVERE PER RIMANERE "NORMALI".💫

Ti sei mai chiesta quanto stai rinunciando a ricevere… solo per sentirti “normale”?Quanto continui a respingere benedizioni, abbondanza, amore, opportunità e chissà quanto altro… perché qualcuno ti ha detto che non è per te, o perché dentro di te temi di essere diversa? Di non poter continuare a conformarti alla normalità che ti circonda e fa sentire incluso se invece ti permetti di ricevere?

In questa seduta collettiva a distanza, lavoreremo nel rilascio dei giudizi interiorizzati, nel dissolvere la necessità di conformarti, nel riconoscere che non c’è nulla di sbagliato in te, che non c’è bisogno di creare problemi per sentirti valida.

Ci chiederemo insieme: quale valore stiamo dando alla normalità? Quanto ci stiamo negando il permesso di ricevere per restare nella “forma” che gli altri riconoscono?

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Ho pensato di riunire qui la spiegazione dei vari segmenti di seduta lavorati così da poteri ritrovare e rileggere tutti insieme, naturalmente sarà una pagina in costruzione man mano che questa seduta di gruppo prosegue

Qui sotto troverai i vari segmenti di seduta già lavorati

Primi impulsi della seduta Sacred di ottobre

Primo segmento lavorato tra la sera del 31 ottobre e il 1 novembre

La seduta vera e propria è cominciata ieri, verso sera, quando il campo che si è formato grazie a tutte le persone che hanno scelto di unirsi ha iniziato a mostrare memorie e programmazioni da trasmutare.

I primi impulsi hanno cominciato a far emergere — come spesso accade nelle sedute di gruppo — un insieme di norme interiori e programmazioni legate a ciò che stiamo nascondendo o da cui, inconsciamente, ci stiamo proteggendo.

Non si tratta di qualcosa di reale nel senso oggettivo del termine: è piuttosto connesso ai limiti che poniamo a ciò che ci permettiamo di ricevere.

L’intento di lavorare su ciò che respingiamo, in particolare sul bisogno di sentirci “normali” — secondo ciò che abbiamo registrato come normalità attraverso la famiglia, gli amici o l’ambiente a cui vogliamo, più o meno consapevolmente, conformarci — sta portando alla luce molti meccanismi legati al desiderio di essere accettati, amati, riconosciuti.

Molti di questi schemi nascono dal credere di doverci proteggere per essere “come gli altri”, secondo un valore che ognuno ha interiorizzato a modo proprio.

E così, pur di sentirci visti o approvati, rinunciamo al nostro potere personale e alla capacità di riconoscerci come gli unici veri custodi di quel riconoscimento che tanto cerchiamo all’esterno.

Solo quando impariamo a darcelo da soli, gli altri possono davvero vedere le nostre capacità e il nostro vero essere.

Mi avete portata a lavorare profondamente su quanto ci stiamo nascondendo — e su quanto stiamo nascondendo di noi anche a noi stessi.

Tutto è connesso a una serie di programmazioni che ci spingono a cercare sempre qualcosa fuori da noi, sminuendoci e disconnettendoci dalla nostra guida interiore: quella parte maestra che è in piena comunicazione con il nostro piano e la nostra missione spirituale.

Possiamo chiamarla Sé Divino, Anima, o semplicemente Coscienza: ciò che conta è che troppo spesso la respingiamo, convinti che riconoscerla sia un atto di presunzione.

Ci è stato insegnato a confonderla con l’ego, a credere che l’umiltà passi attraverso lo sminuirci.

Ma in realtà si tratta di una profonda mancanza di riconoscimento di noi stessi e del nostro valore.

A molti è stato addirittura trasmesso — e l’ho percepito chiaramente durante la seduta — che tutto ciò sia “contrario alle Leggi di Dio”.

Questo mi ha colpita profondamente, perché in quella frase ho sentito la radice di una grande distorsione: la mancanza di discernimento su chi sia davvero Dio, il Creatore, il Tutto, l’Energia Universale.

Qualunque nome scegliamo per definirla, in molti è rimasta impressa una concezione limitante, come se Dio fosse contrario al nostro riconoscimento, al nostro valore, alla nostra stessa luce.

Come se non fossimo parte della sua creazione, emanazione viva del Tutto.

Eppure la Verità più alta è che nulla di ciò che è davvero Divino desidera sminuirci o umiliarci — ci lascia semplicemente la libertà di scegliere: possiamo continuare a credere di essere piccoli, o possiamo ricordare di essere parte di quella stessa luce creatrice.

Il libero arbitrio ci è concesso pienamente, senza giudizio: ciò che scegliamo di mantenere nella nostra vita non ci rende migliori né peggiori, ma semplicemente co-creatori della nostra esperienza.

La prima parte della seduta ha quindi mostrato quanto ci nascondiamo a noi stessi e agli altri, quasi temendo di scoprire orrori che in realtà non esistono.

Tutto questo deriva da un condizionamento culturale profondo, che ci ha insegnato a non sentirci mai degni, a credere che la difficoltà, il dolore e la svalutazione siano medaglie di valore spirituale.

E allora abbiamo cominciato a lavorare proprio su questo: su quanto valore noi — e le nostre famiglie — abbiamo attribuito, forse inconsciamente, a queste “medaglie”.

Perché finché la difficoltà resta un motivo d’orgoglio, il ricevere diventa fonte di vergogna.

Quando crediamo di dover soffrire per sentirci degni, ci chiudiamo alla vita stessa: alla gioia, alla leggerezza, alla gentilezza, perfino alla possibilità di ricevere le cose materiali con facilità.

Abbiamo mantenuto viva la fierezza della difficoltà, attribuendo un grande valore alla svalutazione di noi stessi.

Questo impedisce agli altri di vedere le nostre qualità, ma soprattutto crea continue resistenze nel nostro campo al ricevere.

Tutta questa prima parte del lavoro si è quindi concentrata sulle distorsioni culturali che ci hanno insegnato a conformarci alla “piccolezza” che ci circonda, attribuendole un valore spirituale superiore.

Come se fosse l’unico modo per essere amati — o almeno notati — da quello “strano dio”, chiaramente minore e non appartenente al Settimo Piano, che credevamo dovesse premiarci solo nella sofferenza.

Naturalmente, oltre al rilascio e alla trasmutazione di tutte queste memorie, ho lavorato anche per riallineare i template legati a Dio/Creatore — vere e proprie banche dati di sentimenti e definizioni — riportandoli alla Verità più alta.

In questo modo, il campo può finalmente cominciare a dissolvere tutti gli obblighi interiori che ci imponevano di sminuirci, svalutarci e nasconderci, restituendoci il diritto di riconoscerci per ciò che siamo davvero.

Secondo segmento lavorato tra la sera del 2 e il giorno 3

Quello che sta arrivando tra l’altro ieri e ieri — ciò che mi state presentando come memorie animiche, norme e programmazioni — appare come una sorta di dualità, una cosa e il suo opposto insieme.

Non so se si tratti ancora di dissonanze cognitive o di programmi duali che si stanno mostrando sotto un’altra forma, ma è molto evidente questo movimento oscillatorio.

Ad esempio, ieri mattina si percepiva un rallentamento profondo, accompagnato da una grande stanchezza e da una sensazione di “pesantezza”.

Come se ci fosse un bisogno collettivo di fermarsi, di dormire, o semplicemente di mettere in stand-by quasi tutto.

L’energia era talmente densa che ne sono stata influenzata al punto da chiedermi se fosse opportuno proseguire con il workshop aperto subito dopo questa seduta collettiva, o se invece fosse meglio rimandare tutto a novembre, portando insieme seduta e workshop in un secondo momento.

Era come se avessi la sensazione di non poter gestire tutto contemporaneamente.

Poi mi sono resa conto che in realtà stavo sentendo proprio ciò che mi stavate presentando: quel bisogno di rallentare, di sospendere il fare per lasciare che qualcosa potesse riassestarsi.

Ci ho lavorato per circa un’ora ieri mattina, ma poi ho scelto di chiudere, rispettando quel sentire.

Eppure, nel pomeriggio, tutto è cambiato.

È avvenuto un vero ribaltamento energetico: come se, all’improvviso, tutto ciò che appariva da rimandare dovesse invece essere affrontato subito, in quel momento.

Non so nemmeno definire con precisione che cosa mi stiate mostrando — o meglio, cosa mi stiate facendo incontrare affinché venga trasmutato — ma qualunque sia questo “tutto”, ha subito un’inversione completa rispetto a poche ore prima.

La sensazione è quella di trovarsi dentro uno shaker energetico, dove ogni cosa viene rimescolata in profondità, affinché ognuno possa finalmente vedere, sentire e comprendere ciò che fino a ora non si è permesso di riconoscere.

In particolare, emerge chiaramente ciò che ci impediamo di ricevere.

Tutto ciò che, inconsciamente, abbiamo deciso non essere “per noi”:

le cose “troppo costose”, “non alla nostra altezza”, o — ancora più sottilmente — quelle che nemmeno ci vengono in mente perché abbiamo stabilito che, per come siamo o per ciò che stiamo vivendo, non ci appartengono.

È un movimento molto particolare, e confrontandomi con alcune persone che stanno partecipando a questa seduta collettiva — e che, parallelamente, portano avanti un lavoro individuale — ho potuto notare quanto tutto questo tema del ricevere sia presente e attivo.

Molti percepiscono il ricevere come qualcosa di pericoloso, quasi minaccioso, oppure sentono il bisogno di proteggersi da esso perché non si ritengono degni.

Altri ancora usano, inconsciamente, una serie di scuse interiori per evitarlo: come abbiamo già visto nella prima parte del lavoro, tendono a occuparsi di tutto ciò che è esterno pur di non occuparsi mai di sé stessi — e, di conseguenza, dimenticano di ricevere.

Alcuni addirittura decretano che non possono fare determinate cose: c’è chi ha deciso di non poter prendere aerei, chi si nega il diritto di prendersi del tempo per sé e, se lo fa, lo vive con fretta, come per non “disturbare” gli altri.

Come se concedersi spazio e respiro non fosse un diritto naturale.

Sono emersi tantissimi sistemi di convinzioni, su vari livelli di consapevolezza, riguardo al ricevere e ai modi sottili in cui lo respingiamo.

Molti pensano, per esempio, di essere già “abbastanza fortunati” e che, quindi, non sia giusto ricevere altro.

Ma anche qui si tratta di una distorsione: è ancora una volta la necessità inconscia di sentirsi “normali” rispetto a chi ci circonda.

Così, per restare nel gruppo (amici, famiglia, società) e non sentirci diversi, poniamo dei limiti invisibili a ciò che possiamo ricevere, e quando li superiamo… scatta il senso di colpa.

Ho parlato anche con qualcuno per cui il ricevere è diventato addirittura una forma di sacrificio: come se implicasse una serie di doveri da assolvere, un debito da pagare per cui meglio rifiutare a prescindere .

Ma ricevere non è questo.

Ricevere è onorare la vita stessa, riconoscere che ogni respiro, ogni gesto, ogni opportunità che ci arriva è parte della nostra connessione con la Creazione.

E troppo spesso la prima cosa che ci impediamo di ricevere è proprio la vita stessa.

E quando la vita non la lasciamo entrare, inevitabilmente, stiamo male.FAQ.

aggiunta al secondi segmento lavorato tra il 4 e il 5

Le ultime ore hanno visto una forte attività solare, con brillamenti che hanno letteralmente attraversato il campo magnetico terrestre.
Ogni volta che il Sole pulsa così intensamente, anche noi veniamo chiamati a un riallineamento.

Il corpo può reagire in diversi modi: insonnia, irritabilità, sogni vividi, il cuore che accelera o una strana stanchezza che chiede ascolto.
Non è un “problema”: è un aggiornamento.
Un reset elettromagnetico, dentro il quale la Superluna amplifica tutto ciò che è pronto a emergere.

Aggiungo inoltre che, da ieri sera — 4 novembre — al di là di un flare solare molto potente che, ancora una volta, ci influenza fortemente, sono iniziati grandi rilasci energetici.
Alcuni di voi potrebbero aver sperimentato un pianto improvviso, senza un apparente motivo.

Oggi, 5 novembre, mi avete portato memorie e programmazioni legate soprattutto a queste tematiche:

Ci permettiamo di ricevere o scegliere o vedere solo cosa pensiamo sarebbe approvato dai nostri amici, dai nostri colleghi, dalla nostra famiglia e ci impediamo di ricevere per avere l'approvazioni di tutti questi se non la nostra approvazione.

Ancora tante programmazioni che ci fanno credere di tenere lontano amore, denaro, progetti, lavori… solo perché ne siamo spaventati.
Altre legate ancora al non vivere pienamente, ma permettendoci solo di sopravvivere, perché questo continuo sminuirci e farci “piccoli” per sentirci come chi abbiamo intorno.

Quanti automatismi e meccanismi di difesa abbiamo accettato come unico modo di essere, così da proseguire senza mai prendere davvero consapevolezza di chi siamo e di quanto potremmo vivere… e invece non lo facciamo, solo per continuare a incarnare l’esempio di chi o cosa abbiamo accettato come “normale”?

Dove, quando, perché e come state semplicemente esistendo, come se questo fosse vivere, senza voler invece riprendere — con il discernimento del Creatore — la differenza profonda tra esistere e vivere?

Terzo e ultimo segmento lavorato il giorno 10 e 11

Questo è l’ultimo segmento del lavoro, che ho lavorato ieri e oggi, 10 e 11 novembre porta in superficie un tema sottile ma profondo:

quanto, per continuare ad adattarci a quella “normalità” che abbiamo creduto di dover incarnare, abbiamo imparato a sminuirci e nasconderci.

Lo facciamo per non essere accusati di essere “troppo”.

Troppo intensi. Troppo sensibili. Troppo luminosi.

Come se mostrarsi pienamente fosse una colpa, un’invasione, un rischio.

In realtà, dietro questo movimento di contrazione c’è un antico meccanismo di sopravvivenza energetica e affettiva:

ci adattiamo per appartenere, ci riduciamo per essere accettati.

È la risposta inconscia a un ricordo profondo: quello di essere stati esclusi o giudicati quando abbiamo provato a splendere, a scegliere diversamente, a espandere la nostra visione.

Questa tendenza nasce dal bisogno primario di sicurezza e connessione.

Da bambini impariamo che l’amore e l’approvazione arrivano quando siamo come gli altri si aspettano che siamo — e non quando seguiamo la nostra verità.

Così cresciamo con un codice interno che dice:

“Se resto piccolo, se non brillo troppo, se non disturbo, allora sarò al sicuro.”

Sul piano energetico, ogni volta che ci adattiamo a quella “normalità” che non ci appartiene, il nostro campo vibrazionale si contrae.

Abbassiamo la frequenza per sintonizzarci con ciò che è familiare, non con ciò che è autentico.

E quella contrazione diventa un muro invisibile tra noi e il ricevere.

Perché il ricevere — che si tratti di amore, riconoscimento, denaro o ispirazione — richiede apertura, spazio, espansione.

Questo è il punto in cui molte anime si fermano:

quando comprendono che per essere accettate da chi non vuole cambiare, devono rinunciare a se stesse.

E così, pur di non “infastidire” chi non vuole assumersi la responsabilità di scegliere di più per sé,

restano in silenzio, nascoste, contenute.

Ma ciò che stiamo liberando ora è proprio questo:

la convinzione che per essere amati dobbiamo diminuire la nostra luce.

Che per essere accettati dobbiamo nasconderci.

Che per appartenere dobbiamo rinunciare a scegliere.

Il lavoro energetico di oggi chiude la seduta di ottobre, trasmutando queste vecchie programmazioni e permettendo al campo di riorganizzarsi su un nuovo livello di verità e libertà.

Quando smettiamo di temere il nostro “troppo”, cominciamo finalmente a riconoscere che quel “troppo” era semplicemente la nostra pienezza.

E da lì, tutto ciò che prima ci sembrava eccessivo, diventa finalmente naturale.

Colgo l’occasione per farvi notare che tutte le cose che trovate nel report sono quelle su cui mi avete PERMESSO GIÀ di lavorare, non avete bisogno di lavorarci ancora, ma semmai attendete che la seduta non sia più attiva, smetta quindi di produrre ‘risultati’ prima di riprendere il lavoro con quello che può essere nel frattempo emerso o quello che è invece da lavorare ancora più in profondità. Una seduta continua a rimanere attiva e quindi ampliare i risultati in noi e nella nostra vita di quello che è stato lavorato per a volte anche un mese

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